Vivere in emergenza anestetizza l'anima

Vivere in emergenza anestetizza l'anima

martedì 3 dicembre 2013

Ed io che sono nata suicida , vivo al contrario?





Combatto contro la voglia di cominciare a scrivere ponendo una domanda.
Lascio , come sempre, che quella parte di me che non viene fuori quando parlo scriva.
La penna ha accesso a parti di me che non conosco.
Penso molto in questi giorni e non riesco a fare altro.
Mi interrogo sull’inutilità d’essere un superuomo che distrugge ogni equilibrio che crea e mi chiedo il perché io non riesca a fare a meno di cercarlo se ho nausea della vita.
Perché affannarsi per vivere meglio se l’unico desiderio che si ha è quello di morire?
Dal momento del nostro primo vagito intraprendiamo la strada che inevitabilmente ci porterà alla morte; ed io che sono nata suicida , vivo al contrario?
Amerò la vita solo quando morirò?
Sento , in maniera vivida, che questo è uno di quei momenti (vista la durata non quantificabile sarebbe più corretto usare il termine “periodo” ma mi concedo qualche ottimistica licenza poetica) in cui desidero ardentemente che tutto finisca (insieme alla vita anche il mio uso eccessivo degli avverbi).
Stasera la musica mi deconcentra.
Lavoro, respiro e vivo come se lo facessi per gli altri ma sicuramente non per me stessa.
Ho l’anima in riserva ed il cuore anche se riuscisse a partire non saprebbe dove andare.
Sono arrivata alla conclusione che accetterò il fallimento e l’ennesima perdita per cercare di dare uno scossone alla mia staticità.
I passi che facciamo incontro al passato ci illudono facendoci credere che ciò sia movimento ma è solo staticità attiva.
Quante cancellature, quanta confusione, quanti pensieri che si affollano su questa papermate magica.
Mi piace vedere le mie penne come delle medium capaci di comunicare con i fantasmi della mia mente.
Ad alcuni ho dato dei nomi(sì ho precedenti di malattie mentali in famiglia):
Osvaldo è colui il quale boccaccescamente parla di culi e uccelli;
Sofia si interroga spesso sulla propria natura, è più vicina all’esteta di Kierkegaard oppure è semplicemente un’egodistonica fallita e se invece fosse una schizoide?
Circe è perennemente innamorata ed ogni nuovo amore è sempre quello giusto e rigorosamente diverso dal precedente: “tutti coglioni speciali” commenterebbe Osvaldo.
Didi, simile ad una depresse suicida, odia tutti gli altri e li giudica superficiali e poco interessanti: cerca di soffocare con modi gentili il rude Osvaldo, distrae Sofia con letture leggere e compagnie poco stimolanti , getta Circe in un profondo pessimismo ponendole ogni volta davanti tutti i suoi miseri fallimenti.
Didi è una desiderio di morte così forte che vorrebbe vivere autonomamente.
E’ stanca della cazzoneria di Osvaldo che svilisce l’innamoramento di Circe, è stanca della remissività filosofia di Sofia che invece di camminare pensa ai passi che dovrà  fare.
Didi non vuole più essere quella che scrive.
Da oggi, dice, si rifiuterà categoricamente ci raccogliere le lacrime dell’eterna innamorata, non sarà più la voce delle insicurezze della filosofa , smetterà d’essere magnanima e gentile con quel finocchio sboccato.
Oggi Didi ha comprato una pistola, chi sarà il primo a morire?


L'inquietudine

L'idea di tutti gli ideali ,per me odora di freddo , di dolore : ha l'odore di quando le strade sono impossibili.