Vivere in emergenza anestetizza l'anima

Vivere in emergenza anestetizza l'anima

sabato 27 settembre 2014

Ho cercato di nascondermi ma mi trovo sempre nel cammino





Sempre Settembre, con il suo cielo umido e splendete; sempre il solito paesaggio con le solite luci ; sempre la solita sedia , la stessa candela da almeno tre anni , una nuova penna e un tanto agognata serata fresca.
L’estate è finita ed io parlo del tempo perché la mia moleskine mi è ormai estranea tanto quanto la tizia del quarto piano con la quale condivido solo l’aria rarefatta dell’ascensore.
Non so se vorrei più fumare o cantare.
Ho di nuovo la tosse , ma io ho sempre la tosse, e comincio a pensare che non mi passerà mai.
Cosa mi ha fatto smettere di scrivere?
Il blog deturpato da una serie di malati di mente o l’amore che per manifestarsi ha voluto in cambio la convinzione fittizia di possedere un’arte che razionalmente so di non poter mai neanche sfiorare con uno sguardo fugace.
“Certo per te non è difficile , tu sei brava con le parole” . Eppure io non so parlare e l’ansia delle virgole sbagliate prima o poi mi ucciderà . O mi ucciderà prima la tosse?
Forse non scrivo perché ho perso il contatto con il destinatario ; con la mia anima ormai non parlo più.
Mi sembra di non aver fatto niente in questi mesi , come se non avessi pensato.
Ero felice quando ero triste ora non so più cosa sento e sono triste in un modo che non so gestire, in un modo che non mi rende felice, mi rende solo indefinita.
E mi racconto così .
“ Camminavo lungo una strada della quale non riuscivo a distinguere i dettagli , non saprei dire se fosse un viale alberato o Macondo dopo 4 anni undici mesi e due giorni di pioggia .
Io camminavo e non vedevo nulla ma sporadicamente avvertivo invadenti presenze passarmi vicino e l’unica cosa che desideravo era avere un barattolo di marmellata nel quale racchiudere le loro voci per poi riascoltare, addolcite e stagionate, una volta arrivata a destinazione.
Io camminavo  e di tanto in tanto mi voltavo per vedere, con il cuore pieno di orgoglio, quanta strada avevo già fatto.
Ogni volta che mi guardavo alle spalle trovato dietro di me una strada sporca, trascurata, ricca di robaccia abbandonata senza cura e puntualmente mi chiedevo come fossi riuscita, senza neanche rendermene conto, ad evitare tutti questi ostacoli che avrebbero potuto farmi cadere o ferirmi.
Ed io camminavo e non mi importava realmente , camminavo e basta.
Una volta al giorno mi fermavo per fumare una sigaretta e fissare la luce di una candela che mi portavo sempre dietro per compagnia.
La cera che scivolava, e si faceva strada fra il fogliame che si raccoglieva ai bordi della strada, mi ricordava il fluire dei miei passi e mi dava la forza di riprendere a camminare.
Mi resi conto solo dopo molto tempo che spesso i paesaggi si ripetevano , seppur invecchiati , erano sempre gli stessi così come le parole delle voci che sembravano voler dire qualcosa di importante vista la forza e la costanza con la quale le presenze intollerabili le ripetevano.
Stavo girando intorno o semplicemente la stanchezza del viaggio mi faceva vedere ormai tutto uguale? Io però camminavo e poco dopo smisi di pormi domande sul paesaggio e cominciai, per distrarmi dai pensieri, a pulire dove la cera sporcava.
Il giorno dopo però, quando mi sedevo per fumare la mia solita sigaretta trovavo sempre una macchia di cera : qualcuno era passato da lì prima di me?
Io camminavo, con o senza domande, io camminavo e continuavo a camminare anche se non trovavo risposte.
Mi bruciai le dita per pulire fin quando non mi stancai anche di questo e allora smisi di accendere la candela con la consapevolezza che presto avrei smesso anche di camminare.
Avrei trovato una capanna di fango, che odorava di biscotti, nella quale mi sarei fermata per riposare , presto avrei dormito su un letto vero, molto presto ne ero sicura ma intanto io camminavo”

L'inquietudine

L'idea di tutti gli ideali ,per me odora di freddo , di dolore : ha l'odore di quando le strade sono impossibili.