Vivere in emergenza anestetizza l'anima

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venerdì 13 settembre 2013

Il ficus

Guardavo quelle radici invadere la mia casa e non riuscivo a liberarmene come se ormai fossero un tuttuno con le fondamenta.

Tirando le fronde la casa si inclinava e tornava tutto al suo posto quando smettevo di provare a liberarmi da questo enorme ficus.

Mi sentivo soffocare ma lui era ormai parte di me e nonostante mi facesse vivere al buio non riuscivo a sdradicarlo.

Iniziai a tagliare i rami più piccoli che coprivano le finestre del secondo piano, sanguinante continuavo a segare e raccogliere fogliame.

La luce entrava flebile e non riuscivo neanche a vedere la mia immagine riflessa nello specchio della camera da letto.

Continuavo giorno e notte ed il mio unico obiettivo era ormai diventato solo quello di riportare la luce nella mia vita.

Dopo una settimana di duro lavoro notai che per ogni ramo tagliato dieci nuove gemme nascevano e i rami crescevano più folti e forti di prima.

Non capivo cosa fosse più forte, se la mia voglia di luce o la sua voglia di vivere.

In fine mi arresi e decisa ormai a subire il volere della natura curai le ferite sulle mie mani e andai a dormire.

Dopo qualche giorno mi accorsi che il ficus cominciava a perdere vigore.

Le foglie ingiallite mi facevano pensare ad un autunno prematuro nonostante fosse appena Giugno.

Con il passare dei giorni le finestre iniziarono a liberarsi e la luce cominciò ad entrare in casa, dovetti comprare persino delle tende perché al primo sole mi sveglivo inondata di luce.

Una mattina , guardandomi allo specchio della camera da letto, vidi finalmente la mia immagine riflessa ed iniziai a piangere, smisi solo dopo aver piantato un nuovo ficus nel solco lasciato da quello che per anni mi aveva protetto da me stessa.

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L'inquietudine

L'idea di tutti gli ideali ,per me odora di freddo , di dolore : ha l'odore di quando le strade sono impossibili.