Vivere in emergenza anestetizza l'anima

Vivere in emergenza anestetizza l'anima

venerdì 13 settembre 2013

Si deve necessariamente dare un titolo a ciò che si scrive?

Le luci violacee che si intravedevano attraverso le bianche nuvole posate artificialmente su quel cielo nero mi fecero pensare alla mia anima che per sfuggire al tedio, con il quale si copre per non sentir freddo, mandava segnali colorati per mostrare quanto ancora fosse viva. Fra fulmini e saette io e lui ci avvicinammo poco più che spensierati al soddisfacimento di un desiderio che non eravamo ancora consapevoli di possedere. Lasciammo che i nostri corpi si unissero e si amassero in maniera sporca e godereccia per riempiere i silenzi che in maniera imbarazzante ci avevano sopresi impreparati. Godevo ma a godere era solo il corpo, la mente era ancora ferma a contemplare le luci delle nuvole in festa.
Gli occhi miei che fingevano piacere non vedevano nulla che non fossero le luci violacee del cielo poco prima contemplato. Non desideravo d’essere altrove e non fu fisicamente frustrante od umiliante fu solo uno di quei momenti in cui non si riesce bene a quantificare il tempo effettivamente trascorso. Ci fu una discrepanza sostanziale fra il tempo dell’orologio e la durata effettiva dell’evento. Non saprei neanche dire se durò troppo o troppo poco , forse terminò semplicemente nel momento in cui era giusto che finisse.
Le luci erano ancora nella mia testa mentre cercavo i miei slip fra i vestiti gettati distrattamente sul pavimento.Me li porse gentilmente lui sussurrandomi all’orecchio d’aver gradito molto il mio sapore delicato ed io mi premurai di ringraziare nonostante non potessi fare a meno di pensare che la sua voce mi irritava anche quando pronunciava parole di complimento. Mentre attendevo che si mettesse in ordine continuavo a chiedermi se quel cielo sarebbe stato ugualmente affascinante senza quelle coperte di spuma bianca.
In quel momento realizzai che avrei solo voluto te, il tuo silenzio,la tua risata, il ticchettio stonato del tuo orologio e il tuo profumo che non conosco ma sento costantemente invadermi le narici. Ti avrei preso per mano amore mio, avrei aperto per te una piccola sedia in legno con le giunture cigolanti, l’avrei sistemata bene con i piedini che sprofondavano fra i vapori della nuvola dalla quale avresti potuto osservare da vicino la vita di un’anima per noi ormai morta da tempo.

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L'inquietudine

L'idea di tutti gli ideali ,per me odora di freddo , di dolore : ha l'odore di quando le strade sono impossibili.