La difficoltà di questo momento mi stupisce.
Scrivo al buio senza sapere che scrivo.
La distanza incolmabile che separa la mente dalle dita mi
rende quasi impossibile disporre in maniera sensata le lettere sul foglio.
L’uomo rotondo che eri e che desideri d’essere con tutto te
stesso si allontana dalle tue mani come un palloncino gonfiato ad elio ;
Osservi il cielo guardandolo allontanarsi da te senza
neanche sforzarti di riprenderlo perché ormai troppo lontano pure per gli
occhi.
Sempre più piccolo ti guarda e sorride , fluttua in
quell’aria densa che gli permette di galleggiare ma che presto lo ucciderà
esplodendolo.
Il collo duole per lo sforzo che gli viene imposto da una
testa troppo pesante che si ostina a guardare il cielo invece di abbandonarsi
alla sua natura terrena.
Sforzandoti di dimenticarlo, allora, ne compri un altro
nella speranza che non voli via di nuovo, lo tieni con cura in casa , lontano
da quel cielo che affascina entrambi.
Giorno dopo giorno noti che comincia a perdere vigore ,
sempre più vicino al suolo perde la sua natura speciale.
Maturi il desiderio di poter volare e convincendoti che
basti ingerire un po’ di quel gas magico lo privi di quel poco di vita che
ancora gli rimane.
Ti ritrovi così deluso e con la voce da stupido che ti ricorda
quanto ancora tu sia fortemente immaturo.
Arrivi alla conclusione che per imparare a volare bisogna
saper morire.
Moriamo ogni volta che il nostro desiderio di rotondità e
perfezione ci porta ad unire la nostra anima con quella di un essere lontano dalla
nostra natura di seleniti.
Rinasciamo sempre più pesanti e pieni di ferite che non
lasciano spazio all’elio che ci permetterebbe di volare.Solo un sorso di Lete potrebbe salvarci lobotomizzandoci
l’anima.
Ma dopo mille morti della vita cosa resta se non un
palloncino sgonfio che timidamente stringi fra le mani?
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