Vivere in emergenza anestetizza l'anima

Vivere in emergenza anestetizza l'anima

sabato 16 novembre 2013

Well? Shall we go?They do not move



Sono le quattro del mattino ed io non riesco a prendere sonno perché ho un pensiero fisso : la grammatica italiana è formidabile.
Sono arrivata ad un livello di insicurezza tale che per parlare con qualcuno ,che mi imbarazza solo guardandomi negli occhi , sottolineo gli errori ortografici del menù di un pub.
Questa non è una delle mie solite metafore , sono arrivata a farlo davvero.
Le quattro del mattino , l’angoscia e un po’ di vino.
Circa un anno fa mi trovai a consolare un amico dicendo : “domani troverai la donna della tua vita proprio sotto casa” ; lui carinamente mi rispose :” è più probabile che capiti a te”.
Il giorno dopo ,dimenticando ciò che ci eravamo detti, uscii senza curare troppo il mio aspetto , sempre convinta che un cesso resti cesso anche con la tazza in oro zecchino.
Sotto casa vicino al parcheggio vedi un uomo bellissimo e pensai”quanto vorrei che fossi tu l’uomo della mia vita”, pensiero colmo di pessimismo e sfiducia, sempre in linea con il mio essere.
Dirigendomi verso l’auto fui costretta a passargli vicino e lui inaspettatamente pronunciò il mio nome(che solo chi mi conosce poco utilizza ancora) .
Lui apparve felice di rivedermi e continuò ripetutamente a chiedermi se mi ricordassi degli anni passati insieme a scuola.
In quel momento non solo non riuscii a mettere due parole una dietro l’altra in maniera sensata ma l’unica cosa a cui pensai fu : “è impossibile che io ti conosca , se conoscessi un uomo così bello me lo ricorderei , sarai mica davvero l’uomo della mia vita”.
Ottimismo durato giusto il tempo di arrossire e solo il senso di inadeguatezza e timidezza mi riportarono lontano dalla nuvola sulla quale viaggiavo sognando.
Dopo ore ricordai chi avevo incrociato e mi tornò in mente che lui mi face impazzire ed arrossire già 11 anni prima.
Il suo riconoscermi così dopo tanti anni, non mi lusingò, mi fece pensare a quanto fossi fisicamente rimasta statica anche nei difetti che lui invece aveva evidentemente superato negli anni.
Esattamente una settimana fa mi capitò di rivederlo per caso e lui finse(?) di non ricordare il mio nome ma di ricordarsi di me, io sempre con la faccia da ebete stordita stantai a riconoscerlo e questa sera grazie all’ignoranza di chi scrive”arancie” son riuscita finalmente a dirgli qualche parola che non fosse un semplice e timido”uhm ricordo vagamente”.
La storia si conclude qui senza alcun finale romantico da film...ma chi mai ci sperava?
Questa notte, più delle altre passate a scrivere, parlo di me, di una me che ha scoperto da qualche mese di possedere delle ossa che era convinta di non avere;
di una me che si chiede , con il sangue fra i capelli, se il treno sta partendo o non è ancora partito.
A scrivere non è più la ragazzina timida che aveva paura anche a comprar le sigarette, a scrivere è una me che non sa ancora cosa sia ma ha la consapevolezza di quel che era e non vuole più essere.
Scrive una Denise che non si riconosce più in un nome che non sente mai pronunciare, che si sente più una Didi che attende Gogo per sperare insieme che prima o poi arrivi Godot.



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L'inquietudine

L'idea di tutti gli ideali ,per me odora di freddo , di dolore : ha l'odore di quando le strade sono impossibili.